NOVARA – Da alcuni anni in tutto il mondo il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria per ricordare le vittime del nazismo. A Novara, quest’anno, si è deciso di farlo con un’interessante iniziativa che ha coinvolto una settantina di bambini e ragazzi fra i 6 e i 16 anni nella realizzazione di un’opera cecoslovacca, Brundibár, composta proprio durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo spettacolo è andato in scena al Coccia domenica pomeriggio (Giornata della Memoria) di fronte ad un folto pubblico costituito per lo più da famiglie e lunedì mattina per gli studenti delle scuole elementari e medie inferiori.
L’opera racconta di due fratellini, Pepícek e Aninka, che, per procurarsi i soldi necessari a comprare il latte alla mamma malata, decidono di cantare al mercato sperando di raggranellare qualcosa, ma vengono mandati via dal malvagio suonatore d’organetto Brundibár. I due però, grazie all’aiuto «di un impavido passero, di un astuto gatto, di un saggio cane e dei bambini del paese», riescono a scacciarlo e a cantare infine nella piazza del mercato. La storia è ovviamente simbolica: Brundibár infatti rappresenta Hitler e con esso tutte le dittature, il potere e le guerre, contro i quali si leva il canto di ribellione e di speranza intonato da questi bambini.
I giovanissimi solisti e coristi dell’allestimento andato in scena al Coccia appartengono all’Accademia di canto e musica da camera M. Langhi di Novara, da diversi anni presenza fissa nella stagione lirica del teatro al fianco dei cantanti professionisti e protagonista già nel febbraio 2011 di Ghirlino, opera di formazione scritta da Luigi Ferrari Trecate più o meno negli stessi anni di Brundibár. Unico interprete adulto il basso Massimiliano Galli, nei panni ovviamente del cattivo suonatore d’organetto, che è comparso in scena uscendo dalla buca del suggeritore, inizialmente manovrato dai bambini come un burattino nelle loro mani. A dirigere le prodezze canore dei piccoli il loro Maestro Alberto Veggiotti, in questa occasione anche direttore degli altrettanto giovani musicisti delle Orchestre UECO e Accademia M. Langhi, guidate dalle violiniste Greta e Suela Mullaj, mentre responsabile della regia e della ideazione scenica è stata Emiliana Paoli, anch’essa “vecchia” conoscenza del Coccia, con cui ha collaborato come regista e assistente regista in diverse produzioni, facendosi apprezzare soprattutto per la bravura nel lavorare con i bambini (ricordiamo La Bohème nel novembre 2007, Cavalleria Rusticana e Pagliacci nel febbraio 2010, il suddetto Ghirlino e tutte le opere della scorsa stagione, solo per citare alcuni titoli). A completare il già nutrito cast le ginnaste della Società Ginnastica Pro Novara dirette da Michela Fitto e le ballerine di Studio Danza dirette da Alida Pellegrini, che hanno deliziato il pubblico con acrobazie e coreografie.
Come confermatoci dalla stessa Emiliana Paoli, non trattandosi di un allestimento di routine, cioè riguardante un’opera rappresentata da professionisti, la preparazione di Brundibár (e con ciò intendiamo riferirci principalmente al lavoro svolto con cantanti, coro e orchestra. L’ideazione di scenografie e costumi solitamente viene fatta con buon anticipo anche negli allestimenti abituali) è durata alcuni mesi, non solo i classici dieci o quindici giorni: le prove infatti sono iniziate lo scorso ottobre, impegnando bambini e ragazzi ogni due fine settimana in un lavoro in divenire, poiché sia la parte musicale sia quella registica venivano costruite man mano proprio in quel frangente, mentre nella settimana precedente il debutto le prove si sono svolte tutti i giorni, dalle 17 alle 21. Nel caso di Brundibár, così come con qualsiasi altro spettacolo realizzato con dei ragazzi, «non c’era l’attore che arriva già con la parte pronta per le tante volte in cui l’ha recitata: qui era tutto da costruire, ed era più facile perché così avevo l’opportunità di vedere realmente in scena quello che io, regista, volevo vedere e comunicare. È stato un lavoro molto gratificante, perché tutto quello che succedeva sul palco sapevo di avercelo messo io».
Un grande impegno, quindi, quello in cui si sono profusi questi giovanissimi per realizzare lo spettacolo, probabilmente anche sacrificando ore di gioco e uscite con gli amici. Penso siano da ammirare, che siano un esempio per i loro coetanei e per i troppi adulti – genitori e insegnanti compresi – sempre più indifferenti all’importanza della memoria storica e della cultura. Sono certa che un’esperienza simile sia stata altamente formativa per loro, esibitisi come piccoli, grandi professionisti, con una passione ed un entusiasmo che hanno colmato alcune trascurabilissime imprecisioni, forse dovute anche alla comprensibile ed immancabile emozione.
La genesi di Brundibár ha tra l’altro una storia molto particolare, che è doveroso ricordare per apprezzarne ulteriormente il valore e il significato. Si tratta di un’opera per bambini in due atti scritta da Hans Krása su libretto di Adolf Hoffmeister nel 1938 e rappresentata per la prima volta all’orfanotrofio ebraico di Praga nel 1942, quando il compositore e lo scenografo Frantisek Zelenka erano già stati deportati nel campo di raccolta di Terezin. L’anno successivo tutti i membri del coro e il personale dell’orfanotrofio furono a loro volta deportati a Terezin (solo Hoffmeister fece in tempo a fuggire) e a quel punto Krása ricostruì a memoria la partitura adattandola agli strumenti disponibili nel campo – chitarra, clarinetto, contrabbasso, fisarmonica, flauto, percussioni, pianoforte, quattro violini e un violoncello – , mentre Zelenka ridisegnò le scenografie e Camilla Rosenbaum curò le coreografie. Nacque così una nuova versione di Brundibár che andò in scena il 23 settembre, con diverse repliche fino al 1944, quando fu anche rappresentata nel corso di un’ispezione della Croce Rossa e in un’altra occasione filmata per una pellicola di propaganda nazista. Nel documentario Voices of the children di Zuzana Justman – una delle piccole coriste di Terezin – si trovano le immagini relative a quella registrazione, in cui compare anche Ela Weissberger, che all’epoca vestiva i panni del Gatto. Pochi dei partecipanti alla prima di Terezin sopravvissero all’Olocausto: la maggior parte – compreso Krása – morì ad Auschwitz.
L’allestimento curato dalla Paoli ha voluto in qualche modo ricordare il fatto che Brundibár nacque in un campo di concentramento, ideando una scenografia essenziale (per cui ci si è serviti anche di videoproiezioni) costituita da elementi che simboleggiavano alcune caratteristiche di quel luogo infernale e che magicamente poi si trasformavano nei negozi della piazza del mercato. Un contrasto sottolineato dalle scelte cromatiche: dalle tonalità cupe di scene, luci e costumi del prologo, in cui i piccoli attori, sulle note del celebre tema strappalacrime composto da John Williams per il film Schindler’s list, entravano nel campo di concentramento, venivano costretti a spogliarsi dei poveri abiti e separati gli uni dagli altri, si è poi passati ai colori caldi e luminosi dell’opera vera e propria, in cui i bambini stessi, come in un sogno, si sono riappropriati dei propri vestiti, hanno allestito il palcoscenico e hanno messo in scena la favola, per tornare infine alla desolazione del campo di concentramento però con una nuova consapevolezza. «Termina la rappresentazione», si legge nelle note di regia, «e torna il “controllo”, ci si risveglia dal sogno, il sipario si chiude e la storia finisce; ma immediatamente si riapre su di un nuovo giorno, su una realtà che comunque è cambiata perché il vissuto della notte acquista valore reale; sconfiggere nella finzione Brundibár regala una sensazione positiva, qualcosa è mutato nella coscienza. Brundibár è sì un racconto di fame e desolazione, ma è anche un messaggio di speranza, è la vittoria dell’unione sull’arroganza del potere».
All’inizio e alla fine dello spettacolo sono state lette e proiettate sul fondale alcune toccanti parole della sopravvissuta Ela Weissberger: «Quando noi cantavamo, dimenticavamo la fame, dimenticavamo dove fossimo. Quando eravamo in scena, sul palco, dimenticavamo ogni cosa. E quando, alla fine, cantavamo la canzone della vittoria, immaginavamo di aver sconfitto Hitler. C’era tanto potere in questa musica…». Nella recita di domenica pomeriggio, inoltre, al termine dell’opera sono state lette le testimonianze di alcuni sopravvissuti al campo di Terezin, interpretate da coppie costituite da bambino e adulto rappresentanti lo stesso personaggio com’era allora e com’è adesso.
Ottima iniziativa, quindi, questa, per ricordare ancora una volta l’atrocità dei campi di sterminio e del genocidio degli ebrei. Sarebbe buona cosa, però, che sia a scuola sia altrove ai bambini e agli adulti si ricordassero anche gli altri stermini di massa che hanno insanguinato il genere umano, taciuti e dimenticati perché – come affermano gli stessi storici – la Storia la scrivono i vincitori ma purtroppo spesso anche i vincitori hanno commesso crimini disumani.
27 e 28 gennaio 2013 – Teatro Coccia
BRUNDIBÁR
Opera per bambini in due atti su libretto di Adolf Hoffmeister
Versione Terezin 1943
Musica di Hans Krása
Solisti e Coro di Voci Bianche a cura dell’Accademia M. Langhi
Basso Massimiliano Galli
Orchestra Ueco Junior e Orchestra dell’Accademia M. Langhi
Violini solisti Greta e Suela Mullaj
Maestro del Coro e Direttore d’orchestra Alberto Veggiotti
Direzione musicale a cura di Marina Goggi
Regia e idea scenica Emiliana Paoli
Movimenti coreografici in collaborazione con
A.S.D. Società Ginnastica Pro Novara 1881
Responsabile tecnico Michela Fitto
Studio Danza Novara A.S.D.
Direttore Alida Pellegrini
Lighting Designer Ivan Pastrovicchio
Maestri Collaboratori Ivan Magnelli, Alba Pepe, Matteo Spina
Allestimento scenico e costumi Fondazione Teatro Coccia
Coproduzione Fondazione Teatro Coccia e Accademia di canto e musica da camera M. Langhi
Spettacolo visto domenica, 27 gennaio 2013
Clarissa Egle Mambrini
(Foto di Mario Finotti, Fondazione Teatro Coccia.
Per le dichiarazioni rilasciate da Emiliana Paoli si ringrazia Serena Galasso, Addetta Stampa del Teatro)